Ditta O.
Ottobre 2022.
Premessa
Questo è un luogo abbandonato di cui non sapevo niente, ovvero non avevo mai visto foto o video di nessun altro esploratore. E penso che dopo questa visita probabilmente non ci sia stato nessun altro perché anche in quest’ultimo anno e mezzo non ho visto nulla (se escludiamo un tizio che ci ha fatto volare il drone in maniera superficiale). Io l’ho scoperto leggendo e cercando informazioni sull’azienda che possedeva questo stabilimento. Il resto è stata fortuna e intraprendenza.
Storia
Ovviamente non farò come tanti altri “colleghi” che per fare la bella figura di quelli che “ne sanno” scrivono troppe informazioni (con magari dei bei copia-incolla da altre pagine web) che vi consentiranno di trovare dove si trova questa fabbrica. Vi basti sapere che questo stabilimento originariamente nasce come fabbrica tessile agli inizi del XX secolo. Solo negli anni ’50 dello stesso secolo questo stabilimento, a causa della decadenza del marchio tessile, venne ceduto all’azienda che ne fece il sito produttivo di uno dei suoi prodotti più famosi e di successo in tutto il mondo.
Esplorazione
Io e il mio fido compagno MD venivamo da una lunga e bellissima esplorazione industriale, che era l’obiettivo principale della giornata. Dopo aver bevuto un caffè in quello che potrebbe essere uno dei bar più malfamati di Caracas, senza essere a Caracas, ci avviamo verso la fabbrica. Dopo una veloce ricognizione ci accorgiamo che l’ingresso all’area è molto molto più semplice del previsto. Non riusciamo però ad entrare nell’edificio, sembra che tutto sia stato chiuso a seguito di una bonifica dall’amianto. Fortunatamente la nostra caparbietà nella ricerca viene ripagata e troviamo la nostra entrata. Saliamo delle scale e ci troviamo in grandi locali vuoti, dove i controsoffitti sono collassati a terra, facendo da terreno fertile per distese di felci che sono cresciute rigogliose in mezzo alle torrette elettriche. Oltre alle ovvie infiltrazioni d’acqua molte cose sono state smontate con veemenza per ottenere questa situazione.
Da una porta usciamo sui tetti dei capannoni attigui, costellati di lucernari in vetro. Da uno di questi vedo sotto di me un grande locale che ospita delle caldaie, ma non so ancora se riuscirò a raggiungerlo (spoiler: sì).
Passeggiamo un po’ sul tetto, per fortuna non ci può vedere nessuno, poi rientriamo e iniziamo a inoltrarci nella fabbrica. Ci sono altri grandi locali che pensiamo ospitassero uffici, dato che a terra ci sono numerose torrette con prese elettriche. Il controsoffitto non esiste più e possiamo vedere la struttura del tetto a shed ricoperta di listelli di legno, sorretta da colonnine di ghisa. La più classica delle strutture già viste in altri cotonifici. Un orologio analogico rimasto appeso al soffitto segna per sempre le 4 e 10.
Arriviamo ad una specie di ponte che collega due edifici; all’interno, sul soffitto c’è un binario di andata e di ritorno a cui sono appesi delle specie di seggiolini di una seggiovia, appunto. Probabilmente su questi supporti viaggiavano i prodotti da un reparto all’altro durante la lavorazione. Il passaggio in fondo a questo ponte è stato murato, quindi proseguiamo fino a trovare la zona degli uffici della direzione. Lo capiamo dalla scala con la ringhiera in ferro battuto e corrimano in legno, dal parquet sul pavimento e i condizionatori d’aria nelle stanze. In uno dei locali il tetto è crollato e sui detriti sono cresciuti dei bellissimi funghetti!
Oltre questa zona, dove anche i bagni erano piastrellati con materiali di pregio, raggiungiamo un altro grande open-space con un altro orologio, questa volta quadrato, collassato per terra insieme a buona parte del controsoffitto.
Torniamo al livello più basso esplorando capannoni del reparto “assicurazione qualità” e “imballo”. Purtroppo si tratta ancora di grandi spazi vuoti.
Un po’ di cose belle le troviamo invece quando raggiungiamo dei locali tecnici pieni ancora di tubazioni, serbatoi e le due grandi caldaie Ferroli che avevo visto in precedenza dal tetto.
Fa sorridere anche una stanzetta “punto di ristoro” dove i lavoratori potevano bere il caffè (probabilmente c’erano dei distributori automatici) e fumare. Una stanza dotata di aspiratori, unica zona franca per i fumatori nella fabbrica che non facciamo fatica ad immaginare si tramutasse in una specie di camera a gas. Sulle pareti ci sono ancora le bacheche dei sindacati con avvisi risalenti al 2004.
Spostandoci verso Ovest attraversiamo altri capannoni con numerosi locali ricavati da pareti mobili con finestre.
Giunti al termine degli edifici sentiamo sempre più forte il rumore della confinante centralina idroelettrica ancora in funzione. Dal vetro di una porta vediamo che dentro ci sono le luci accese e nel piazzale retrostante c’è un’auto parcheggiata! Probabilmente qualcuno è dentro e vi sta lavorando. Ci allontaniamo nella direzione opposta e usciamo all’esterno, dove troviamo anche una piattaforma di carico e scarico per i camion.
Dobbiamo raggiungere l’edificio più a ovest, quindi passiamo davanti alla centrale idroelettrica in silenzio sperando che non uscisse nessuno proprio in quel momento. Arriviamo davanti all’edificio, che è una grande palazzina di tre piani simile ad una grande villa. Le porte di ingresso sono in legno con un bel lucernario a mezzaluna con vetri gialli. Troviamo aperto così saliamo le scale per iniziare l’esplorazione dall’alto, come al solito. La palazzina è a forma di “U” e in un’epoca successiva alla costruzione è stato aggiunto un edificio basso di un piano nel cortile. Dall’alto si vedono i lucernari e le condutture dell’aria condizionata. Sul lato frontale invece ci sono due gradi terrazzi, il parapetto e i camini sono decorati con grosse sfere di cemento.
I piani alti della palazzina non sono molto interessanti, anche qui c’erano solo uffici e i locali sono tutti completamente vuoti. Purtroppo anche qui gli ambienti furono “modernizzati” con l’adozione di pareti in cartongesso, lampade al neon e torrette elettriche sul pavimento. In compenso qui la devastazione è molto minore rispetto al primo edificio, c’è solo l’intonaco caduto dal soffitto a causa dello scorrere del tempo.
Al piano terra, nell’edificio basso nel cortile c’era la mensa per i lavoratori. Sul soffitto sono rimasti i cartelli che erano sopra i banchi del buffet ad indicare la zona “Primi” e “Secondi”. Trovo anche un foglio ancora attaccato al muro con le quantità di cibo che dovevano essere servite per ogni tipologia di cibo, risalente al 1980. I locali che ospitavano le cucine, piastrellati, sono purtroppo vuoti e rimane di interessante solamente un vecchio orologio a palette. Anche gli altri locali sono vuoti, quindi ci riposiamo un po’ prima di uscire e tornare sui nostri passi.
Conclusioni
Sono stato davvero felice di esplorare questa fabbrica così sconosciuta nell’ambiente Urbex. Sinceramente speravo di trovare qualcosa di più al suo interno però non siamo stati delusi dai tanti spunti fotografici, dai locali caldaie e dal lavoro operato dalla natura all’interno dei locali.
Le foto qui presenti risalgono a Ottobre 2022.