Una Giornata Lontano da Tutto

Gennaio 2016.

Una giornata lontano da tutto.

Il mondo esterno è percepibile solo dal brusio di sottofondo proveniente dalla strada provinciale, distante qualche centinaio di metri e dal rumore di qualche sporadico treno che transita sulla vicina ferrovia.
Ti trovi sul tetto della fabbrica, dominando un paesaggio glorioso, baciato dal sole e dalla leggera brezza tiepida che ti fa già sognare di primavera.
Cammini tra i viali, circondato dalla storia, muovendo i passi dove migliaia di persone hanno camminato per decenni come in un produttivo e organizzato formicaio.
Due piccioni si alzano in volo improvvisamente, il rumore delle loro ali rimbalza tra i muri segnati dal tempo ed entra nei locali vuoti attraverso finestre mutilate e sfilacciate.
In un laboratorio chimico ormai devastato vedi ancora fluttuare tra i tavoli di legno persone in camice bianco che lavorano con passione e dedizione; i nomi dei composti chimici incuriosiscono e spaventano allo stesso tempo. I cartelli di avviso e quelli di emergenza lasciano immaginare i rischi immediati e non solo… che correvano i lavoratori della fabbrica.
Nella distruzione ormai predominante dovuta alle bonifiche, ai vandali, ai ladri di metalli, l’occhio cerca veloce tracce del passato; documenti, scritte, cartelli, indumenti che riposano da decenni sotto la polvere. Il cuore sussulta davanti a dei quaderni, superstiti, compilati a mano, in bella calligrafia. Viene automatico pensare all’operaio che li ha riempiti, chissà chi era, di cosa si occupava e adesso dov’é? Gli farebbe piacere riavere quei quaderni?
Come sarebbe bello avere una macchina del tempo per poter vedere in attività questa città, sentire i rumori delle macchine e delle persone riempire le stanze, seguire il lungo processo produttivo tra tutti i reparti, per rendersi maggiormente conto di quanto oggi non possiamo che immaginare.
Le ore passano senza neanche accorgersene, la mente è libera in questo viaggio nel tempo, stuzzicata dagli odori di muffa, di polvere e di sostanze chimiche ancora nell’aria.
Il sole si abbassa, colorando i muri di arancione e di rosa. La stanchezza inizia a farsi sentire, ci si avvia all’uscita. Un’ultima capatina sui tetti, una discesa labirintica tra scale interrotte, locali completamente bui e silenziosi; il passo è incerto, sul pavimento può esserci di tutto… o anche non esserci del tutto. Con un gelido abbraccio, insieme ad ansia e timore, la fabbrica sembra volerti trattenere, catturare; forse non vuole rimanere sola o con persone cattive che le fanno del male. Ma poi, come una mamma che rassegnata lascia andare per la loro strada i propri figli, ti fa ritrovare la via giusta e riappoggiare i piedi al solido suolo.
Infine torni nel mondo esterno, quello reale, col cuore e la mente colmi di serenità e di belle sensazioni.

Grazie a tutti gli amici che hanno condiviso insieme a me questa stupenda giornata.

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